mercoledì 27 maggio 2015

Il Tenente Shachar, il primo ufficiale israeliano transgender (FtM) dichiarato




Consiglio di leggere l'articolo (non appena avrò tempo lo tradurrò in italiano), pubblicato il 17 Maggio 2015, in tempo per l'IDAHOBIT (Giornata Internazionale contro l'Omofobia, la Bifobia e la Transfobia).

Quello che posso riassumere ora è che il tenente Shachar ha cominciato il servizio militare come donna, ma si è poi reso conto che, per avere la fiducia dei soldati che doveva comandare, doveva essere onesto con loro, ed allora ha deciso di fare il coming-out, rivelandosi come transgender FtM.

Lui dice che si sentiva uomo già dall'età di due anni, a sedici anni sapeva come chiamare questo sentimento, e che al momento dell'arruolamento tutte le persone significative lo sapevano - era solo una questione di tempo l'emersione di questo anche nella vita militare.

Va detto che, al contrario di molte altre forze armate che ritengono la disforia di genere motivo sufficiente per riformare una recluta, le forze armate israeliane fanno di tutto per venire incontro alle esigenze dei soldati transgender.

Nel caso del tenente Shachar, gli hanno consentito di indossare sempre l'uniforme da combattimento (che è unisex in Israele), di fare la doccia in ore diverse da quelle dei commilitoni, per non esporlo a situazioni incresciose, e gli pagano perfino la cura ormonale prescritta dall'endocrinologo.

Se egli volesse, gli pagherebbero pure la rettificazione chirurgica del sesso, ma il tenente Shachar non la vuol fare; poiché in Israele non è più necessaria (vedi [2]) per il cambio del nome e del genere anagrafico, lui, cosa incomprensibile per i binaristi nostrani, nel futuro prevedibile avrà un sesso femminile ed un genere maschile.

Una volta si era pure lamentato con una dei suoi ufficiali superiori del fatto che lo chiamavano sempre con il nome anagrafico [femminile], anziché con quello maschile che si era scelto. L'ufficiale sulle prime aveva risposto che la norma in quella base era che ognuno veniva chiamato con il nome anagrafico, e Shachar non aveva insistito, ma qualche mese dopo si era deciso di cambiare la norma e di consentire agli ufficiali di chiamare i soldati con il nome che si erano scelti, se questo li faceva stare meglio.

Come commenta l'articolo,
Le persone transgender sono una parte speciale della società per le quali vale la pena combattere. Può sembrare complicato, ma non lo è – è una scelta morale, una scelta morale che le Forze di Difesa Israeliane hanno fatto quando hanno scelto di definirsi come l’esercito della nazione. Non c’è motivo di non arruolare delle magnifiche persone solo perché richiede alcune modifiche al sistema.
Il tenente Shachar si trova ora ad essere "consulente non ufficiale per le questioni transgender" delle Forze di Difesa Israeliane, perché continua a ricevere richieste di aiuto e consulenza da parte di soldati ed ufficiali alle prese con questo problema, e, d'altro canto, è sempre pronto a parlare con i media della sua esperienza per incoraggiare anche altre persone ad uscire allo scoperto.

Né lui né la Consulente per le Questioni di Genere dello Stato Maggiore, il Generale di Brigata Rachel Tevet-Weisel (vedi [3]) pensano di aver sradicato l'omofobia e la transfobia (della bifobia si sono dimenticati, e per questa volta pazientiamo!) dalle Forze di Difesa Israeliane, ma il tenente Shachar dice che perlomeno i transfobi ora si tengono la loro transfobia per sé.

Ed il programma che le Sentinelle in Piedi non vogliono si faccia nelle scuole italiane, per insegnare ad accogliere le persone LGBT, fa in Israele parte del curriculum dell'accademia militare.

Le politiche di inclusione delle persone LGBT nelle Forze di Difesa Israeliane non sono semplici raccomandazioni, sono ordini di servizio; ogni base militare ha un(a) rappresentante della Consulente per le Questioni di Genere, e se un(a) soldat* ritiene che ci sia un problema relativo al suo orientamento sessuale od identità di genere, può parlare con quel(la) rappresentante, che negozierà una soluzione insieme con il/la su* comandante.

Orientamento sessuale ed identità di genere non devono essere un problema per le Forze di Difesa Israeliane, e la Consulente per le Questioni di Genere interviene quando l'obbiettivo non viene raggiunto.

Am Yisrael Chai
Raffaele Yona Ladu

mercoledì 20 maggio 2015

Matrimonio egualitario o transizione senza operazione?





Ammetto che l'incontro [1] mi ha parecchio colpito, tant'è vero che gli ho dedicato i commenti [2] e [3], e ad essi aggiungo questo post.

Il giurista Gianluca Sgaravato, come ho scritto in [3], ha espresso posizioni pregevoli, ma in due cose importanti sono in disaccordo con lui:
  • per lui il matrimonio è solo tra uomo e donna, e non approverebbe un'"unione civile" che fosse lo specchio del matrimonio, cioè un matrimonio sotto altro nome;
  • per lui la transizione anagrafica di una persona trans* deve essere obbligatoriamente preceduta dalla rettificazione chirurgica.
Mi sono detto allora: "Supponiamo che io possa convincere una persona così a cambiare una di queste due concezioni; quale sceglierei?"

Le organizzazioni LGB preferiscono normalmente puntare sul matrimonio egualitario, io mi allineo con le organizzazioni T, che preferiscono la transizione senza operazione.

La persona che desidera transizionare, secondo la maggior parte dei tribunali italiani, deve sottoporsi ad un intervento chirurgico che la rende sterile; la gravità della lesione è evidente (tantopiù che, anche se la legge italiana consente la crioconservazione di ovociti e spermatozoi, non consente la maternità surrogata, che sarebbe l'unica possibilità di usare codeste cellule germinali per una persona che ha subìto la rettificazione chirurgica del sesso), e la costruzione di un'imitazione dei genitali del sesso opposto è cosa tanto delicata che spesso riesce male.

La conseguenza più comune (nella metà dei casi circa) è la perdita della capacità orgasmica; spesso inoltre si rende il paziente incontinente, e si creano magari delle fistole imbarazzanti e dolorose.

In Italia la situazione è peggiorata dal fatto che ogni chirurgo è autorizzato a compiere operazioni siffatte, senza bisogno di dimostrare di esserne all'altezza, mente nel Regno Unito concentrano tutte le operazioni di rettificazione chirurgica del sesso al Charing Cross Hospital - la sua équipe medica si è perciò specializzata ed ha imparato a minimizzare gli inconvenienti.

E che succede dopo l'operazione, anche se è ben riuscita? Una donna trans, cioè una persona nata maschio ed è voluta diventare femmina, che ha acquisito una  "neovagina", deve infilarle dentro tutte le sere un dilatatore per impedire che essa pian piano si rattrappisca.

Di meglio i medici non riescono ancora a fare; se una persona vuole davvero un corpo dell'altro sesso, mi pare giusto darglielo dopo aver ottenuto il suo consenso informato - ma se ritiene che non ne valga la pena, non mi pare il caso di costringerla a scegliere tra dissimulare la propria identità di genere e subire un'operazione indesiderata.

La mancanza di matrimonio egualitario è per me una forma di discriminazione, che priva ingiustamente la persona della chance di sposarsi (vedi [4]), e quindi procura danno emergente, non solo lucro cessante - va eliminata al più presto.

Ciononostante, la ritengo meno grave, e più facilmente risarcibile, dell'obbligare una persona a subire un'operazione devastante che spesso si conclude peggio del previsto.

Inoltre, è anche strano che molte persone che si adirano (giustamente) per le mutilazioni genitali femminili non muovano un dito per eliminare il requisito dell'intervento chirurgico per la riassegnazione anagrafica del sesso, o per vietare le operazioni non urgenti sui bimbi intersessuati.

Nel 1982 la legge 167 servì a regolarizzare le persone che avevano subìto la riassegnazione chirurgica del sesso; ora si nota che ha fatto emergere un aspetto nefasto dell'archetipo della Grande Madre.

Quest'aspetto lo si nota soprattutto nel culto di Cibele (cfr. "Corpi ad arte. La Drag Queen e l'illusoria consistenza del genere / Donatella Lanzarotta // pp. 34-35), che esigeva sacerdoti eunuchi (ne parla anche Catullo, ad esempio nel suo Carme #63), in quanto si identificavano con il figlio di lei Attis, che si era evirato dopo aver commesso incesto con lei.

Cibele non è solo una dea della fertilità; impone anche un ordine alla natura, e spesso provoca delle trasgressioni per riaffermarlo reprimendole - mi pare il caso di Attis, che non sarebbe riuscito a giacere con la "magna dea, Cybebe, dea domina Dindymi" se ella non lo avesse sedotto.

La legge italiana si comporta come Cibele: solo le persone cis, che rispettano il presunto ordine della natura, possono generare e godere; le persone trans devono rimanere ai margini della società, consacrandosi ad un culto che non giova a nessuno.

Raffaele Yona Ladu